Olio di palma: Sumatra è di nuovo in fiamme!

Mentre in Italia il dibattito sulla questione olio di palma è esclusivamente incentrato sul fatto se questa sostanza possa fare più o meno male alla salute del consumatore, e i canali televisivi vengono infestati dallo spot pubblicitario dell’Unione Italiana Olio di Palma Sostenibile che promuove volutamente disinformazione al fine di salvare i guadagni delle aziende del settore, Sumatra torna a bruciare (video) in un clima di colpevole indifferenza.incendi_indonesia_1
Negli ultimi giorni sono stati registrati nuovi incendi nella provincia di Riau, e 69 punti critici sono stati individuati tra Sumatra e la Papua, una situazione aggravata da El Nino che alimenta i roghi appiccati dalle multinazionali del settore per ottenere nuove aree di terra nelle quali piantare le monocolture di palme da olio.
Nell’autunno 2015 gli incendi provocati da questo mercato hanno mandato in fumo oltre 700.000 ettari di foresta indonesiana, in un paese che vanta 10% delle piante, il 12% dei mammiferi e il 17% delle specie di uccelli di tutto il mondo, ma che detiene anche il triste primato della deforestazione.
Una deforestazione che è si causata dalle multinazionali del settore, ma che viene quotidianamente alimentata dalle scelte di un consumatore disinformato o disinteressato.
Questo mercato può essere fermato solo dal basso, tramite una lotta che per essere efficace deve passare attraverso una seria presa di coscienza del problema, e una responsabilizzazione delle proprie scelte che devono condurre verso il rifiuto di continuare a finanziare tutte quelle aziende che utilizzano olio di palma anche in solo uno dei propri prodotti.
L’applicazione di norme e regolamentazioni varie è un percorso fallimentare, utile sono a quei partiti politici che adesso si appropriano di campagne esistenti da anni alla facile ricerca di trampolini elettorali.
Il cambiamento non può e non deve avvenire appellandosi alle istituzioni, spesso complici nei crimini che si cerca di combattere, delegando la lotta e di fatto derespponsabilizzando le proprie scelte quotidiane.
Il bombardamento mediatico di questi ultimi mesi riguardante la salubrità o meno dell’olio di palma non fa altro che distogliere l’attenzione da quelli che sono i problemi reali, ovvero un mercato che sta divorando le foreste tropicali, radendo al suolo la casa di molti animali non umani, molti dei quali perdono la vita nel corso degli incendi, mentre altri vengono catturati per essere rivenduti a zoo e circhi.
Come nel caso di Japik, Gito e Budi, tre orango vittime del mercato dell’olio di palma che, rimasti orfani, erano stati catturati e imprigionati dai bracconieri, prima di essere liberati da attivist* locali che ora si stanno occupando del loro recupero al fine di poterli restituire un giorno al proprio habitat naturale, se esisterà ancora.

Gito, trovato abbandonato all'interno di una scatola in uno stato di semi mummificazione.

Gito, trovato abbandonato all’interno di una scatola in uno stato di semi mummificazione.

L’olio di palma sostenibile non esiste, ma non perché lo diciamo noi, perché lo dicono le foreste in fiamme!

Fonti: GreenMeDailyGreen