La vita non si espropria

sciopero dei minatori di Marikana

Il 16 agosto 2012, durante lo sciopero nella miniera di platino di Marikana, in Sudafrica, 34 minatori persero la vita.
In questi giorni, l’emittente britannica Channel4 ha diffuso un video che testimonierebbe che

polizia contro gli scioperanti

queste persone non sono state uccise per legittima difesa, come dichiarato dalle forze dell’ordine locali, ma rincorse per i campi e giustiziate.
Nel corso dei mesi successivi a questi avvenimenti vi sono stati molti altri scioperi e molte altre vittime. Le proteste erano scaturite dalla decisione delle multinazionali del settore di chiudere alcune miniere, lasciando senza lavoro migliaia di persone, mentre altre erano mirate ad ottenere migliori condizioni di lavoro.
Le multinazionali minerarie, come quelle di altri settori, dopo aver scelto le zone più ricche da cui estrarre, procedono con lo sfruttamento dei territori e degli abitanti, fino a quando vi sono risorse da saccheggiare.
Questo è il video incriminato che mostra le violenze della polizia verso chi tentava di far valere i propri diritti, difendendo il proprio lavoro, la propria vita, e magari quella della famiglia.

Le storie di oppressioni, violenze e regimi del terrore sono molto diffuse nel mondo e si ripetono tristemente ogni giorno ai danni di quei popoli che non hanno un governo che difende i loro diritti, che non vengono difesi da nessuno, ma nonostante questo, con coraggio, loro, in prima persona, difendono i propri territori.

bimbo Suri, Etiopia

In Etiopia, il 2012 si è chiuso con lo sterminio di 150 persone, uomini, donne, bambini facenti parte della tribù Suri, uccisi perché il governo ha deciso di espropriarli dalle terre che abitavano da sempre, per poterle vendere alle imprese estere.
La milizia militare governativa ha eliminato queste persone per accelerare le procedure: rappresentavano un ostacolo per gli interessi del governo locale, che ora potrà intascare le promesse economiche delle imprese con cui ha preferito fare affari, libere adesso di saccheggiare i terreni dei Suri.
Ma le minacce per le popolazioni etiopi non finiscono qui: nella Valle dell’Omo,

popoli della Valle dell’Omo (foto di www.survival.it)

zona del Corno d’Africa, 200mila persone sono a rischio di sopravvivenza a causa della costruzione di una diga made in Italy. Il progetto Gibe III, ovvero la realizzazione di una diga enorme, priverebbe antichissime tribù indigene delle forme di sussistenza che hanno sempre conosciuto. Il progetto prevede lo sbarramento del fiume Omo, che permette la sopravvivenza delle terre abitate da questi popoli. Il naturale scorrere di questo fiume, che percorre 760 Km dall’altopiano etiope fino al lago Turkana, al confine con il Kenya, offre vita e nutrimento alle terre e determina il normale funzionamento degli ecosistemi che attraversa.
Deviarlo e bloccarlo significa mettere a rischio la vita di queste persone e quella della biodiversità di quest’area, l’ennesimo esempio del soffocamento del Pianeta sotto colate di cemento.

Valle di Susa

Questi fatti devono essere percepiti come vicinissimi: le imprese italiane espropriano, uccidono e deturpano all’estero, ma situazioni analoghe accadono anche in patria e i lavori per la realizzazione dell’Alta Velocità (TAV) sono solo un esempio.
Come in Etiopia, anche in Italia emissari delle compagnie che vogliono la realizzazione di queste “grandi opere” si occupano di espropriare le persone dalle proprie case o esercizi commerciali, per potersi impadronire delle terre da scavare e devastare. Se c’è un guadagno, non si fermano davanti a nulla, anche se il progetto in sé non è di alcuna utilità o anche se esistono alternative valide e addirittura più economiche.

Queste storie dovrebbero sensibilizzare tutti quanti e far riflettere.
Ribellarsi solo quando qualche multinazionale bussa alla porta di casa propria, perché ha deciso che ha bisogno del terreno su cui poggi, potrebbe essere tardi.
Solidarietà a chi Resiste nella difesa della Terra, che sia il luogo che abita oppure no.