McDonald’s e Wwf: indovina chi viene a cena?

La ricerca della “sostenibilità” sta diventando sempre più un’ossessione da parte di quelle grandi multinazionali divenute famose nel corso degli anni per essersi impegnate esattamente nella direzione opposta. Abbiamo già assistito a vari rinnovamenti d’immagine privi di ogni contenuto: assunzione di etichette e loghi verdi, punti vendita e ristoro in legno, utilizzo inappropriato di termini come bio e green che ormai vengono appiccicati a qualsiasi tipo di prodotto. Ma, come accade per ogni processo evolutivo (o involutivo – dipende dai punti di vista), vi è sempre un passo successivo.

La facciata cambia, ma la sostanza rimane la stessa.

La ricerca della sostenibilità porta così multinazionali come McDonald’s a stringere accordi con una delle associazioni ambientaliste più grandi e oscure del Pianeta: chi? Ovviamente il Wwf, realtà per altro non nuova ad alleanze di questo tipo.
Il Wwf, infatti, ultimamente pare avere più interesse a ripulire l’immagine delle peggiori corporazioni che esistono al mondo, piuttosto che fare qualcosa di pratico ed effettivo per la salute del Pianeta.

Nel 2004, l’associazione del panda diede vita alla Roundtable on Sustainable Palm Oil (RSPO), tavola rotonda per un mercato sostenibile dell’olio di palma, fondata insieme all’Unilever, che vide dopo un anno l’ingresso di Wilmar e Cargill, tre nomi tra i maggiori produttori di questa sostanza e tra i principali colpevoli della scomparsa delle foreste tropicali indonesiane e malesiane.
Dell’RSPO parliamo già da tempo: una presunta tavola rotonda di sostenibilità che, tra l’altro, rilascia anche una certificazione in merito all’olio di palma, e che non è altro che un organo di facciata dietro il quale le multinazionali possono mascherare i propri crimini, missione resa possibile grazie alla presenza del Wwf. In merito a questo vi consigliamo la visione del documentario Il silenzio del Panda.

Sumatra, estate 2013, gli incendi appiccati da Wilmar e Sime Darby.

Sumatra, estate 2013, gli incendi appiccati da Wilmar e Sime Darby.

 

 

L’operato del Wwf non si è fermato però solo a questo: così, nel 2011, l’associazione ambientalista fonda insieme a corporazioni come McDonald’s, Walmart e – chi si rivede? – Cargill, la Global Roundtable for Sustainable Beef (GRSB), tavola rotonda per la sostenibilità della carne bovina.
Le promesse fatte da queste multinazionali insieme al Wwf sono tanto belle quanto inquietanti: acquistare la carne da allevamenti che non hanno contribuito alla scomparsa di foreste, dove i lavoratori non vengono sfruttati e le popolazioni locali private delle risorse primarie per la sopravvivenza.
Ma, oltre ad essere solo promesse che, come già tante multinazionali ci hanno dimostrato far rimanere tali (all’interno dello stesso RSPO come Wilmar, per esempio), vi è un aspetto che rende tutta questa favoletta sulla produzione di carne consapevole assurda: la morte non è mai sostenibile.
Il risultato finale di questa giostra della sostenibilità porta comunque sempre a questo: l’assassinio di oltre 50 miliardi di animali ogni anno che, attraverso quest’ennesimo organo di copertura, le aziende del settore vorrebbero far apparire come un processo etico e naturale.
McDonald’s, ad esempio, ha già dichiarato che dal 2016 si rifornirà solo di carne proveniente da allevamenti gestiti in maniera sostenibile; ma questo cosa significa?

Gli allevamenti animali nel mondo non fanno che aumentare e perché questo sia possibile vengono sacrificate foreste in continuazione, soprattutto in Amazzonia dove, che l’allevamento sia intensivo (al chiuso) o estensivo (dove gli animali vengono portati all’esterno), la perdita di terreno a discapito della loro alimentazione è sempre la stessa e le emissioni di gas serra restano invariate: 18% contro il 13% provocato dal traffico di automezzi (ovviamente non stiamo suggerendo di diventare vegan per comprarsi un suv, ma solo paragonando).acqua e cereali
L’80% della deforestazione amazzonica è causata dall’industria della carne e, considerando che per produrne un chilo devono essere impiegati 15 chili di cereali e 15.000 litri di acqua, vorremmo tanto sapere come possa questo prodotto divenire sostenibile all’improvviso.

Fermiamoci un attimo a pensare: quanti chili di carne venderà ogni giorno McDonald’s alla sua clientela? Quanti, quindi, ne acquisterà ogni anno? Non abbiamo i dati alla mano, ma con sicurezza tutti possiamo essere d’accordo che la cifra ammonta a numeri spaventosamente alti. Come possiamo pensare, quindi, che questa carne sia sostenibile? Quanti litri d’acqua saranno stati necessari per la sua produzione? E quante tonnellate di cereali? Quanti animali allevati? Come possiamo pensare che questi animali possano essere trattati come nelle fantasiose e utopiche pubblicità da cui siamo bombardati se sono miliardi e miliardi e ancora miliardi? Non c’è effettivamente spazio né modo per allevarli come fossero “propri figli”, come la famosa Lola della Granarolo, le fauste e spensierate mucche della Soresina o come Rosita, la gallina più famosa del momento, nuova compagna di Banderas.spezza ogni catena, mulino bianco
Svegliamoci. Non vi diremo di aprire gli occhi. Siete piazzati davanti al televisore, davanti a YouTube, al cinema, ad una fermata dell’autobus e vi passa davanti una pubblicità del genere? Guardatela. Poi chiudete gli occhi, chiudeteli, e riflettete… con la vostra testa.

Nel mondo, al momento, oltre 800 milioni di persone soffrono la fame mentre circa 1 miliardo sono affette da obesità. Le cause di entrambi questi aspetti sono da ricondurre all’industria della carne che sottrae ad una parte della popolazione mondiale le risorse primarie per la sopravvivenza, contribuendo a precarizzare la loro esistenza, per mettere all’ingrasso quella parte di popolazione che rappresenta un grande bacino di guadagni per questo mercato.
E così McDonald’s, Wwf e compagnia bella ci tranquillizzano e ci fanno sapere che la loro carne consapevole verrà da allevamenti in cui i lavoratori non saranno sfruttati? Questa gente ha davvero bisogno di lavorare per loro? O magari sarebbe meglio se avessero i loro terreni, la loro terra da lavorare e con cui vivere come prima facevano anziché lavorarla sotto il controllo di qualche ricco imprenditore occidentale? Chiudete gli occhi e riflettete.

Ma l’aspetto che bisogna avere ben chiaro in tutta questa storia è che, seppur in diversa misura, entrambe le parti sono vittime e schiave della medesima industria: da un lato c’è chi si ammala perché soffre la fame, dall’altro chi si ammala perché, convinto dal mercato che cibarsi di altri esseri viventi sia la sola alimentazione possibile, consuma un prodotto che è la prima causa dello svilupparsi di patologie cardiovascolari, obesità e tumori.
Volete che altri siano vostri schiavi? Volete voi essere schiavi di chi vi fa l’occhiolino sapendo che abboccherete ai suoi facili tranelli? Chiudete gli occhi, riflettete: la risposta già la conoscete, la soluzione comparirà davanti a voi.

2 thoughts on “McDonald’s e Wwf: indovina chi viene a cena?

  1. Articolo molto interessante davvero.. Semplicemente sono sconvolto da quello che dite sul wwf.

  2. nON sono sorpresa più di tanto dal momento che sono già parecchi gli episodi che dimostrano come il wwf sia interessato prioritariamente alle specie in estinzione senza però preoccuparsi di cambiare alla radice quello stile di vita che minaccia proprio ciò che dovrebbe difendere.Partendo dalle piccole cose, il WWf bologna ha promosso lo scorso anno una cena natalizia assolutamente onnivora giustificando la cosa con la motivazione:”…se la facessimo vegetariana non verrebbe nessuno!”Peccato che diverse associazioni animaliste promuovano ogni anno cene Veg natalizie a cui partecipo e che fanno sempre il tutto esaurito…(la cena Lav di quest’anno ha dovuto escludere più di 30 persone,eravamo oltre un centinaio…) Davvero desolante!

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