Mark-grabbing: multinazionali nascoste

Earth Riot da sempre si impegna molto per informarvi riguardo le multinazionali più criminose al mondo,  in modo che possiate conoscere quali marchi evitare per non rendervi complici dei loro misfatti.
Ma corporazioni come Nestlé, Coca Cola, Kraft, Unilever e P&G, crescendo, nel tempo sono riuscite ad assorbire altre aziende, nate con intenti locali, a conduzione familiare, ma che raggiunto un minimo di successo sono state fagocitate da chi brama il controllo mondiale del mercato.
Il problema è che molto spesso può capitare, anche in buona fede, di acquistare un prodotto senza sapere che si andrà a finanziare una di queste (o altre non nominate) grandi multinazionali dai crimini facili.

Quello che vi forniremo ora è un breve elenco di ditte, molte di origine italiana, i cui marchi nel tempo sono stati acquisiti dalle grandi corporazioni che abbiamo citato, una strategia che conduce i soldi dei consumatori sempre nelle tasche delle solite quattro o cinque potenze mondiali.
Iniziando a prestare un po’ di attenzione, scopriremo quanto le peggiori aziende mondiali si nascondano dietro ai marchi più impensabili…

Saiwa: ditta di origine genovese,  i suoi prodotti, compresa quindi tutta la linea Vitasnella, sono ormai da anni di dominio della Kraft, perciò frutto di sfruttamento minorile, soprattutto in Costa d’Avorio, e deforestazione di quelle aree utilizzate per la produzione di palme da olio.

La Nestlé è una delle aziende più avvezze all’acquisizione di altri marchi: molti di questi sono di origine italiana, come Perugina, Buitoni, Motta, San Pellegrino e addirittura certe acque in bottiglia come Panna, Vera, Pejo e Levissima.
Questa multinazionale svizzera è tristemente famosa per l’uso (e di uso davvero si deve parlare) che fa dei bambini africani in periodo di allattamento, testando il proprio latte in polvere su di essi, contribuendo ad aumentare il tasso di mortalità neonatale in quei paesi.
Nestlé, infatti, offre inizialmente alle madri del posto campioni gratuiti di latte in polvere (alcuni casi documentano che si tratta di campioni andati a male), che le madri accettano volentieri: il fatto è che così smettono di allattare, cominciano a produrre sempre meno latte e si vedono costrette a cercarne altro in polvere, che, però, Nestlé non donerà più, ma venderà a caro prezzo, prezzo comunque troppo caro a prescindere per lo standard di vita di determinate zone del mondo. Alcune madri si vedono addirittura costrette a vendere uno dei figli più grandi per poter comprare il latte in polvere da dare a quello più piccolo. A questo, va aggiunto il fatto che l’acqua a cui hanno accesso queste popolazioni, che usano per diluire il latte in polvere, è molto spesso inquinata e altamente velenosa: da qui, l’alto tasso di mortalità tra i neonati.
Ma questo è solo uno dei crimini commessi dalla Nestlé, crimini che sono alimentati anche dall’acquisto di prodotti che sulla carta possono sembrare innocui.

La stessa cosa vale per la Coca Cola, la multinazionale forse più conosciuta al monto, che per mantenere questi livelli non si fa scrupoli ad instaurare e alimentare qualche regime oppressivo, come in Colombia, condito con alcuni omicidi, per tener buona la popolazione locale, più facile a piegarsi agli ordini schiavisti della grande multinazionale dopo intimidazioni e minacce.
Se non si vogliono alimentare questi crimini, oltre a non bere Coca Cola, Sprite e Fanta, bisogna evitare anche l’acqua Lilia e tutte quelle appartenenti alle fonti del Vulture di ultima acquisizione, il caffè Illy, azienda nata a Trieste ma ora controllata dalla multinazionale delle bollicine, e i succhi di frutta Amita di origine greca.  

Vi sono poi due multinazionali forse meno conosciute delle altre, ma di uguale grandezza e pericolosità, e che più di ogni altre si nascondono dietro altri marchi.
L’Unilever, una delle maggiori corporazioni alimentari ma non solo, tra i maggiori finanziatori del mercato dell’Olio di Palma, che gestisce marchi italiani come Algida, Coccolino, Svelto e i profumi Cerruti.
E per concludere la P&G, multinazionale all’avanguardia quando si tratta di vivisezione e test sugli animali, che ha assorbito negli anni marchi come Lines, Pampers e Laura Biagiotti, a livello italiano.

Questi sono solo alcuni esempi di marchi che magari non si pensava potessero appartenere a certe multinazionali, ma ve ne sono molti altri: sul nostro sito potete trovare l’elenco dettagliato corporazione per corporazione, sempre in continuo aggiornamento.

Ma come non spendere due parole per una multinazionale tutta italiana?!
La Ferrero, recentemente attaccata per la poca salubrità e insostenibilità ambientale di uno dei suoi prodotti di punta, la Nutella.
Nonostante in Francia abbiano approvato una tassa da applicare su tutti i prodotti contenenti Olio di Palma (uno degli ingredienti principali della Nutella) nel tentativo di tutelare la salute dei consumatori, la Ferrero ha dichiarato che pur di mantenere invariata la ricetta pagherà quanto previsto dalla legge.
Una decisione importante che sottolinea quanto poco questa azienda abbia a cuore la salute delle persone e delle foreste (e quanto le interessi invece il risparmio: l’olio di palma costa 10 centesimi di euro al litro, in Francia, dopo la legge di cui sopra, 30, quindi comunque pochissimo rispetto ad altri oli); le monocolture di palme da olio, infatti, stanno distruggendo il Borneo e l’Amazzonia.
Per farvi un’idea di quanto poco salutare sia la Nutella vi consigliamo di cliccare qui e di guardare questo video.

Alla prossima! Restate sintonizzati 😉